Diritti del malato: Assegno ordinario di invalidità
Mimmo Oliva
Socio fondatore di Ailmag e responsabile di Patronato

Chiunque (lavoratore dipendente, autonomo o iscritto alla gestione separata), a causa di una infermità, difetto fisico o mentale, abbia la capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo e abbia maturato almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda, può richiedere l’assegno ordinario di invalidità.

Si tratta di una prestazione economica regolata dalla  legge 222/1984, viene erogata dall’Inps ed è  calcolata in base ai contributi versati dal lavoratore fino alla data di presentazione della domanda amministrativa. Non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa.

Passiamo ad esaminare nel dettaglio i vari aspetti della norma in questione.

L’assegno ordinario di invalidità può essere chiesto dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi e dai lavoratori parasubordinati. Non è prevista la possibilità di richiederlo da parte dei lavoratori del pubblico impiego, per i quali è prevista una disciplina speciale. Non vi è un requisito anagrafico minimo per il conseguimento della prestazione, ma solo un requisito di natura medico-legale ed uno di carattere contributivo.

Per avere diritto all’assegno, ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2 della legge 222/1984,  l’assicurato deve avere  una capacità di lavoro ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. Tale accertamento del requisito medico legale viene effettuato in relazione all’attività lavorativa confacente alle capacità dell’assicurato.

L’altro requisito fondamentale ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità è quello  contributivo. L’assegno, infatti, può essere riconosciuto ai lavoratori assicurati  da almeno 5 anni, a cui risultino accreditati o versati a loro favore almeno 5 anni di contribuzione (260 contributi settimanali), di cui 3 nel quinquennio precedente (156 contributi settimanali) la data di presentazione della domanda amministrativa per il riconoscimento dell’assegno in questione.

Bisogna prestare attenzione al fatto, però,  che dal computo dei contributi di cui sopra vanno esclusi:  

  • i periodi di assenza per astensione facoltativa dopo il parto, quello che oggi è definito il congedo parentale;
  • i periodi di lavoro subordinato all’estero che non siano protetti ai fini assicurativi da convenzioni o da accordi internazionali;
  • i periodi di servizio militare eccedenti il periodo corrispondente al servizio di leva;
  • i periodi di malattia superiori ad un anno;
  • i periodi di iscrizione a forme di previdenza obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell’assicurazione Ivs, per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza, quando non diano luogo a corresponsione di pensione.

Al verificarsi di uno di questi eventi, i periodi corrispondenti vengono considerati neutri ai fini del raggiungimento del requisito contributivo. Ciò comporta che l’arco temporale per la determinazione del quinquennio lavorativo e l’individuazione del triennio di contribuzione necessaria per il perfezionamento del requisito va retrodatato per un lasso di tempo corrispondente al periodo neutro.

L’assegno ordinario di invalidità viene riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile, su domanda del titolare, per un ulteriore triennio, qualora permangano le condizioni medico legali che diedero luogo alla sua liquidazione. La domanda di conferma va presentata, a cura dell’interessato,  entro i 6 mesi dalla data di scadenza del triennio e sino al 120° giorno successivo alla scadenza medesima. Dopo che per tre volte consecutive è stato riconosciuto, l’assegno di invalidità è confermato in maniera automatica, ferma restando la facoltà di revisione da parte dell’Inps. Ciò  comporta che dopo il terzo riconoscimento continuo non è piu’ necessario presentare all’Inps la domanda di conferma dell’assegno.

E’ prevista la possibilità da parte dell’Inps, in qualsiasi momento, (anche dopo la conferma definitiva) di sottoporre a visita medica il titolare dell’assegno, ai fini della revisione dello stato di invalidità. Di norma tale verifica è rimessa alla libera determinazione dell’Inps. Mentre, invece, la revisione deve essere necessariamente disposta nel caso  in cui risulti che nell’anno precedente il titolare dell’assegno di invalidità abbia percepito un reddito da lavoro dipendente o da lavoro autonomo, professionale o d’impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l’ammontare del trattamento minimo Inps (cioè per il 2017 poco più di 1.500 euro al mese).

L’importo dell’ assegno è determinato sulla base dei contributi effettivamente versati. Il sistema di calcolo è misto se risultano contributi  versati antecedentemente all’anno 1996. Nell’ambito del sistema misto possiamo trovarci di fronte a due differenti metodi di calcolo:

  • se risultano contributi versati per almeno 18 anni, entro il 31.12.1995, avremo l’assegno calcolato in base al sistema retributivo  fino all’anno 2011,  e a quello contributivo dall’anno 2012 in poi;
  • se risultano meno di 18 anni di contributi versati entro 31.12.1995, avremo l’assegno calcolato con il sistema contributivo su tutte le quote successive al 1° gennaio 1996.

Per coloro che risultano iscritti successivamente all’anno 1996, il calcolo è esclusivamente contributivo. In questo caso si prende a base per il calcolo il coefficiente di trasformazione corrispondente al 57 esimo anno di età, laddove l’assicurato abbia un’età inferiore a quella appena indicata.

Nell’ipotesi in cui l’assegno ordinario di invalidità risulti essere di importo inferiore al trattamento minimo ( per il 2018, € 507,42), lo stesso può essere integrato fino a raggiungere l’imposto minimo previsto dalle singole gestioni previdenziali. Tale integrazione non spetta, qualora il titolare dell’assegno abbia redditi personali assoggettabili all’Irpef superiori a due volte l’ammontare della pensione sociale ( per il 2017 circa € 9.600,00). Qualora il titolare della prestazione sia coniugato e non legalmente separato, l’integrazione non spetta quando i redditi assoggettabili all’Irpef, cumulati con quelli del coniuge, siano superiori a tre volte l’ammontare della pensione sociale (per il 2017 circa € 14,400,00).

Gli assegni di invalidità liquidati esclusivamente con il sistema contributivo sono esclusi dalla regola dell’integrazione al trattamento minimo.

Al compimento dei requisiti anagrafici e contributivi ( per il 2018 occorrono 66 anni e 7 mesi di età e almeno 20 anni di contributi che, in alcuni casi, possono ridursi a 15) per il conseguimento della pensione di vecchiaia, l’assegno ordinario di invalidità si trasforma in pensione di vecchiaia.

Allo stato attuale l’assegno di invalidità  non può essere trasformato in pensione di anzianita’ e, quindi, in pensione anticipata.

Come abbiamo visto, l’assegno di invalidità è compatibile con l’attività lavorativa. Tuttavia, qualora il reddito conseguito sia superiore a quattro volte il trattamento minimo ( per il 2017 poco più di € 2.000), scatta una riduzione del 25% dell’importo dell’assegno, mentre se il reddito conseguito è superiore a cinque volte il trattamento minimo (per il 2017 poco più di € 2.500), scatta una riduzione del 50%.

Oltre queste riduzioni, è previsto che il datore di lavoro trattenga, per conto dell’Inps, il 50% della parte eccedente il trattamento minimo che, per l’anno 2018, è pari a € 507,42 mensili. In caso di lavoro autonomo la quota non cumulabile con l’assegno è pari al 30% della parte eccedente il trattamento minimo e comunque non può essere superiore al 30% del reddito prodotto.

Tale ultimo divieto di cumulo previsto per i pensionati che lavorano, non si applica nel caso in cui l’assegno di invalidità risulta liquidato sulla base di almeno 40 anni di contribuzione.

E’ utile sottolineare, infine, che  l’assegno di invalidità decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa, per la quale è necessario produrre il certificato medico (SS3) rilasciato dal proprio medico di famiglia,  e che lo stesso non è reversibile ai superstiti.

Al compimento dei requisiti anagrafici e contributivi ( per il 2018 occorrono 66 anni e 7 mesi di età e almeno 20 anni di contributi che, in alcuni casi, possono ridursi a 15) per il conseguimento della pensione di vecchiaia, l’assegno ordinario di invalidità si trasforma in pensione di vecchiaia.

Allo stato attuale l’assegno di invalidità  non può essere trasformato in pensione di anzianita’ e, quindi, in pensione anticipata.

La domanda può essere presentata per il tramite di un Patronato, che è tenuto a prestare assistenza a titolo gratuito. 

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